Oggi faccio qualcosa che non ho mai fatto: esco dal buio e forse dal seminato, rompo un lungo silenzio aprendo il mio cuore e raccontandovi una storia, la mia.
Mi presento: sono l’Azienda Agricola Silvio Trama, nata dall’idea di un uomo di cui porto il nome.
Il motto che coniò per me è: “la forza di un’idea” perché sono stata a lungo un chiodo fisso nei suoi pensieri e come una gemma latente, mi sono dischiusa solo quando i tempi e le condizioni al contorno (alias pensionamento e TFR) lo hanno reso possibile.
Amo la natura e tutta la vita che in essa si cela e credo fermamente che mangiare sano sia il miglior elisir di lunga vita. Sono nata con un obiettivo ambizioso: produrre alimenti che saziassero non solo il corpo, ma anche lo spirito, che portassero sulle nostre tavole la vita che il nostro Cilento ci dona, che fossero testimoni del luogo e sapessero raccontarlo, che in sé custodissero il calore del sole, il profumo del mare, l’asprezza dei declivi collinari, semplicemente che fossero figli del Cilento; prodotti della tradizione cilentana curati biologicamente … curati, non solo coltivati, nel rispetto della natura e di tutte le forme di vita che Essa custodisce. Meno chimica … meno produzione, si, ma più vita.
Questa la filosofia che è stata applicata alle colture principali della nostra zona: fichi, olive e uva. Oggi, voglio parlarvi di quella che fu scelta per diventare il fiore all’occhiello dell’azienda: la vite.
Nel 2004, con la collaborazione del Gal, inaugurammo il progetto “la vite all’occhiello” con l’intento di recuperare antichi vitigni in via di estinzione e rivalutare la qualità del vino pisciottano producendolo in modo naturale, senza “costruirlo” in cantina. Ci impegnammo per raccogliere in un campo catalogo una selezione di vitigni cilentani custoditi da tenaci agricoltori della zona; il sogno era riuscire a collaborare con l’università di Napoli per studiare le varietà selezionate al fine di poterle registrare. All’inizio fu entusiasmante: d’intesa con la Regione e la Federico II di Napoli, si condusse l’analisi del DNA su 10 vitigni e tra questi ben 8 risultarono a genotipo unico; per questa scoperta guadagnammo anche un trafiletto su un giornale locale. Purtroppo, poi, il progetto si arrestò, ma non ci lasciammo intimorire; la Vita è come un potatore: capita che tagli laddove avresti voluto ramificare bloccando la strada che avresti voluto intraprendere e allora, proprio come una pianta, per istinto di sopravvivenza, devi crescere in un’altra direzione. Ecco, quindi, che partirono le nostre sperimentazioni di vinificazione in purezza di due varietà autoctone, la Santa Sofia (che qualcuno chiama Fiano del Cilento) e la Nera Rodiana, mentre tentammo due uvaggi con l’insieme del resto di uve nere (da cui scaturì un vino battezzato ‘Capotosta’) e uve bianche (con spiccata presenza di Malvasia) … stendiamo un pietoso velo sui primi tentativi, ma col tempo ci prendemmo gusto e nacque qualcosa di bello; ripresi vigore e voglia di crescere, così Silvio mi regalò una seconda vigna nel comune confinante scegliendo, stavolta, un vitigno che ci permettesse di vinificare e fare cassa in qualche modo: un classico Fiano Campania.
Dopo 15 anni di tentativi e quando il campo di Fiano cominciava ad entrare timidamente in produzione (dopo un paio di annate in cui cinghiali e oidio hanno vendemmiato al posto nostro), mi sentivo finalmente pronta per avere la mia cantina; abbiamo cercato di prendere una boccata di sano ossigeno pecuniario attraverso la partecipazione ad un PSR, ma il Potatore maldestro è sempre in agguato e sono arrivate altre sforbiciate inattese: Silvio è stato costretto a salutarmi per sempre e i legittimi proprietari di buona parte dei terreni su cui sono le vigne sono passati per la cassa per chiudere i conti; a volte potature sbagliate portano la pianta ad un lento e inesorabile declino. Molto probabilmente succederà anche a me, ma non ho intenzione di lasciarmi morire di inedia, sfrutterò la vita che mi rimane fino alla fine, proprio come mi ha insegnato l’uomo dalla cui idea sono nata; io vivrò fino all’ultimo secondo e lo farò gridando l’importanza e la bellezza della mia idea di Vita, lo farò continuando a prendermi cura delle vigne con cognizione di causa: è per questo che ho mandato la mia peggiore dipendente a fare un corso di aggiornamento sulla potatura; già ci pensa la vita a fare tagli sbagliati, voglio che quelle viti vivano senza sentirsi condannate a morte. Non sto investendo sul mio futuro, quella è una cosa da anni ’80, ma sul mio presente, in perfetta sintonia coi tempi che vivo. Le generazioni moderne sanno bene di cosa si tratta: si morde il presente siccome sul futuro non si ha certezza, si vive finché c’è ossigeno nei polmoni e sangue che scorre nelle vene … ecco, io vivrò finché ci sarà fotosintesi nelle mie creature e linfa che le alimenterà; morderò anche io il mio presente, ma non lo farò voracemente seguendo la ricetta dei tempi moderni rischiando di fare indigestione, no, io gusterò ogni singolo boccone per digerire, metabolizzare e interiorizzare tutto al fine di nutrirmi e arricchirmi.
Tornando a me, quindi, non avrò una cantina, ma quest’anno, per la prima volta, le mie creature avranno un’etichetta: siamo andati a vinificare in Irpinia presso la cantina del Cancelliere. Viste le piccole quantità, non avremo tutti i vini così come progettati all’inizio della mia carriera; le creature che stanno prendendo forma grazie all’aiuto e al sostegno di persone competenti e accoglienti sono tre, due bianchi ed un nero; sono speciali, ognuna di loro ha un caratterino niente male. Ora riposano veglaiti dai colossali Taurasi del Cancelliere; sentono la mancanza del mare, ma l’aria di montagna e le cure dei nuovi amici irpini saranno per loro un toccasana. Ve le presenterò in anteprima non appena i tempi saranno maturi e le battezzeremo, quindi in primavera, quando faranno le ultime analisi; ora … ssshhh … lasciamoli dormire.
Chiudo l’articolo con una frase liberamente tratta dall’incipit del film “V per vendetta” il cui messaggio, a mio avviso, non ha nulla a che fare con la vendetta, piuttosto con la forza delle idee e che, pertanto, mi rappresenta:
“Io sono testimone diretta della forza delle idee. Ho visto gente lottare per conto e per nome delle idee, li ho visti morire per difenderle […]ma non si può baciare un’idea, non puoi toccarla, né abbracciarla, le idee non sanguinano, non provano dolore, le idee non amano.
[…] non è di un’idea che sento la mancanza, bensì di un uomo, un uomo che mi ha riportato alla mente * il senso della vita *, un uomo che non dimenticherò mai.”
(*lp).